LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                       Seconda Sezione Civile 
 
    composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati: 
        Stefano Petitti, Presidente; 
        Felice Manna, consigliere; 
        Vincenzo Correnti, rel. consigliere; 
        Ubaldo Bellini, consigliere; 
        Alberto Giusti, consigliere; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza interlocutoria  sul  ricorso
17566-2015 proposto da: 
         Capobianco Giovanni, Mannoia Andrea, Mazzara Pietro, Merenda
Rosario, Putignano Oronzo, Calcagno  Vincenzo,  Passantino  Francesco
Paolo,  Pulizzotto  Antonio,  Pulvirenti  Giuseppe,  Volpe  Giuseppe,
Campione  Gaetano,  Causa  Giovanni,   Compagnoni   Arturo,   Marasca
Domenico, Migliore Salvatore,  Rubino  Benedetto,  Scialabba  Gaetano
Maurizio, Buono Giuseppe,  D'Anna  Giuseppe,  Di  Giorgio  Salvatore,
Miosi  Salvatore  Innocenzo,  Vecce  Massimo,  Bella  Renato,  Calio'
Tommaso,  Oddo  Carmelo,  Spezio  Raimondo,  Barraco  Diego,   Bellia
Giuseppe, Lo Medico  Vincenzo,  Messina  Gaspare,  Bonadonna  Pietro,
Guidotti Leonardo, Parrucchella  Pasquale,  Piscitello  Dario,  Arena
Carmelo, Marino Salvatore, Mescolo Antonio, Cumbo  Carmelo,  Federico
Biagio,  Pitti  Angelo,   Vara   Loreto,   Abbracciavento   Giovanni,
Caltagirone  Antonino,  Cannavo'   Giuseppe,   Maniscalco   Giovanni,
Migliore Giovanni  Battista,  Speranza  Antonio,  Calabrese  Girolamo
Aldo, Giglio Antonino, Giuffrida Mario Salvatore, Piacentino Alfredo,
Barone  Ignazio,  Cappellano  Gaetano,  Colosi  Domenico,   Rapisarda
Francesco, Ruggirello Salvatore,  Saroli  Augusto,  Bigica  Giovanni,
Cunsolo Carmelo, Fortino Giuseppe, Guarneri Maurizio, Nigro Giovanni,
Tedeschi Aldo, Carratu' Umberto, Rubino Salvatore, Sparacino  Matteo,
Caldareri Sigismundo, Lanzalaco Vincenzo, Migliore Stefano, Tarantino
Oronzo, elettivamente domiciliati in Roma, via Giuseppe Ferrari n. 4,
presso lo studio dell'avvocato  Salvatore  Coronas,  rappresentati  e
difesi dall'avvocato Nino Salvatore Giovanni Bullaro; ricorrenti: 
     Contro Ministero dell'economia e delle finanze  in  persona  del
Ministro pro tempore, elettivamente  domiciliato  in  Roma,  via  dei
Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura generale dello  Stato,  che  lo
rappresenta e difende ope legis; - controricorrente: 
     Avverso il decreto n. 35/2015 della Corte d'appello di  Perugia,
depositato il 9 gennaio 2015; 
    udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
13 ottobre 2017 dal consigliere Vincenzo Correnti; 
    udito il pubblico ministero in persona del sostituto  Procuratore
generale Corrado Mistri che, ritenuta rilevante e non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  54,
comma 2,  decreto-legge  25  giugno  2008,  n.  112,  convertito  con
modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con riferimento agli
articoli 3 e 117, primo comma, Cost., in relazione agli  articoli  6,
paragr. 1 e 13, Convenzione europea per la salvaguardia  dei  diritti
dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali,  come  interpretati   ed
applicati dalla Corte europea  dei  diritti  dell'uomo,  ha  concluso
affinche' venga disposta la  sospensione  del  presente  procedimento
ordinando   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla    Corte
costituzionale,  con  riserva  di  ogni  ulteriore  determinazione  e
decisione. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    I ricorrenti propongono ricorso per cassazione avverso il decreto
della Corte  di  appello  di  Perugia  del  9  gennaio  2015  che  ha
dichiarato  improponibile  la  domanda  di   equa   riparazione   non
risultando proposta la domanda di prelievo nel  giudizio  presupposto
conclusosi   con   dichiarazione   di   perenzione   del    Tribunale
amministrativo regionale Lazio del 16 ottobre 2012. 
    Resiste con controricorso  il  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze. 
    Il ricorso denunzia violazione del decreto-legge  n.  112/2008  e
succ. mod., omesso esame di fatto decisivo per  la  presentazione  di
ben tre istanze di prelievo tutte depositate il 31 dicembre 2010  con
i protocolli indicati. 
    Il Procuratore generale Mistri  ha  chiesto  la  sospensione  del
procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
 
                       Considerato in diritto 
 
     Il collegio ritiene rilevante e non manifestamente infondata  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54, comma  2,
decreto-legge n. 112/2008, convertito con modificazioni in  legge  n.
133/2008, come modificato dall'art. 3, comma 23  dell'allegato  4  al
decreto legislativo n. 104/2010 e dall'art. 1, comma 3,  lettera  a),
numero  6),  del  decreto  legislativo  correttivo  n.  195/2011,  in
relazione all'art. 117, comma l,  Cost.  e  ai  parametri  interposti
degli articoli 6, par. l, 13 e 46, par. 1 Convenzione europea per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
     In base alla giurisprudenza ormai del tutto costante  di  questa
Corte suprema, l'art. 54,  decreto-legge  n.  112/2008  e  successive
modifiche,  va  interpretato   nel   senso   che   per   i   processi
amministrativi pendenti alla data del 16 settembre  2010,  la  previa
presentazione   dell'istanza   di   prelievo   e'    condizione    di
proponibilita'  della  domanda  di  equa  riparazione   in   rapporto
all'intero svolgimento del giudizio presupposto, e dunque  anche  per
la frazione di tempo anteriore al 25 giugno 2008, data di entrata  in
vigore  del  decreto-legge  n.  112/2008  che  tale   condizione   di
proponibilita' ha per la prima volta previsto. 
    Infatti, «(l')art. 54, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008,
n. 112 - in vigore dal 25 giugno 2008  (art.  85)  -,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma l, della legge 6  agosto
2008, n. 133 - in vigore dal  22  agosto  2008,  nella  sua  versione
originaria,  disponeva:  "La  domanda  di  equa  riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1,  non
e' stata presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.
51 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, nei sei mesi antecedenti
alla scadenza dei termini di durata di cui all'art. 4,  comma  1-ter,
lettera b)"; b) in sede di conversione in legge, sono state apportate
all'art. 54 le seguenti modifiche: "al comma 2, dopo le parole  'art.
2, comma 1' sono inserite le seguenti: 'della legge 24 marzo 2001, n.
89' e le parole 'nei sei mesi antecedenti alla scadenza  dei  termini
di  durata  di  cui  all'art.  4,  comma  1-ter,  lettera  b)'   sono
soppresse"; c) conseguentemente, il testo  definitivo  dell'art.  54,
comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, quale convertito in legge
dalla legge n. 133 del 2008, risulta il seguente: "La domanda di equa
riparazione non e' proponibile se nel  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo in cui si  assume  essersi  verificata  la  violazione
dell'art. 2, comma l, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e'  stata
presentata un'istanza ai sensi del secondo  comma  dell'art.  51  del
regio decreto 17 agosto 1907, n. 642"; d) successivamente, l'art.  3,
comma 23, dell'allegato 4 al decreto legislativo 2  luglio  2010,  n.
104 - in vigore dal 16 settembre 2010 -, ha stabilito  che,  all'art.
54,  comma  2,  del  decreto-legge  n.  112  del  2008,  "le   parole
'un'istanza ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto
17 agosto 1907, n. 642' sono sostituite dalle seguenti: 'l'istanza di
prelievo di cui  all'art.  81,  comma  l,  del  codice  del  processo
amministrativo, ne'  con  riguardo  al  periodo  anteriore  alla  sua
presentazione'",  e)  ancora  successivamente,  l'art.  1,  comma  3,
lettera a), numero 6), del decreto legislativo 15 novembre  2011,  n.
195 (Disposizioni correttive ed integrative al decreto legislativo  2
luglio 2010, n. 104, recante codice del  processo  amministrativo,  a
norma dell'art. 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69) -  in
vigore dall'8 dicembre 2011 -, ha disposto  che:  "al  comma  23,  le
parole '81, comma 1' sono sostituite dalle seguenti '71,  comma  2'";
f) la disposizione dell'art. 54, comma 2, del  decreto-legge  n.  112
del 2008 - in vigore dal 16 settembre  2010 -  risulta  del  seguente
testuale tenore: "La domanda di equa riparazione non  e'  proponibile
se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui  si  assume
essersi verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge 24
marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza di  prelievo  di
cui all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne'
con riguardo al periodo anteriore alla sua  presentazione"»;  g)  per
effetto delle modificazioni introdotte dalla legge n.  208  del  2015
nel testo della legge n. 89 del 2001 (art. 6, comma 2-ter, introdotto
dalla legge del 2015, in vigore dal 10 gennaio  2016),  «il  comma  2
dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno 2008,  n.  112,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato
dall'art. 3, comma 23,  dell'allegato  4  al  decreto  legislativo  2
luglio 2010, n. 104, si applica solo nei processi  amministrativi  la
cui durata al 31 ottobre 2016 ecceda i termini  di  cui  all'art.  2,
comma 2-bis»; che, questo essendo il quadro normativo di riferimento,
e' del tutto evidente che in base al principio tempus regit actum: 1)
ai procedimenti per equa riparazione, promossi  a  far  data  dal  25
giugno 2008, si applica l'art. 54, comma 2, del decreto-legge n.  112
del 2008 nel seguente testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in  cui
si assume essersi verificata la  violazione  dell'art.  2,  comma  1,
della legge 24 marzo 2001, n. 89, non e' stata presentata  un'istanza
ai sensi del secondo comma dell'art. 51 del regio decreto  17  agosto
1907, n. 642»; 2) ai procedimenti per equa  riparazione,  promossi  a
far data dal 16 settembre 2010,  si  applica -  invece -  l'art.  54,
comma 2, dello stesso decreto-legge n.  112  del  2008  nel  seguente
testo: «La domanda di equa riparazione  non  e'  proponibile  se  nel
giudizio dinanzi al giudice amministrativo in cui si  assume  essersi
verificata la violazione dell'art. 2, comma 1, della legge  24  marzo
2001, n. 89, non e' stata presentata l'istanza  di  prelievo  di  cui
all'art. 71, comma 2, del codice del processo amministrativo, ne' con
riguardo al periodo anteriore alla sua presentazione»; 3) non  rileva
(...) la previsione di cui all'art. 6, comma 2-ter, della legge n. 89
del 2001, applicandosi essa ai  soli  giudizi  amministrativi  per  i
quali il termine di ragionevole durata sia violato alla data  del  31
ottobre 2016» (cosi' si esprime  Cassazione  n.  16404/16;  conformi,
Cassazione nn. 5914-5915/12 e 3740/13). 
    In generale, secondo la costante giurisprudenza di  questa  Corte
l'istanza di prelievo disciplinata dall'art. 51 del regio decreto  17
agosto 1907, n. 642 e l'istanza  di  fissazione  d'udienza,  regolata
dall'art. 23 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, assolvono funzioni
distinte, avendo la prima la  finalita'  di  accelerare  il  processo
mediante il riscontro del persistente interesse del ricorrente, e  la
seconda  quella  d'impedire,  mediante   il   perfezionamento   della
costituzione  del  ricorrente  e  la  fissazione   dell'udienza,   la
perenzione del giudizio.  Ne  consegue  che  dall'entrata  in  vigore
dell'art. 54 del decreto-legge 25 giugno  2008,  n.  112,  convertito
nella legge 6 giugno 2008, n. 133, per le domande di equa riparazione
relative a procedimenti che si svolgono  davanti  alle  giurisdizioni
amministrative, la preventiva formulazione dell'istanza di  prelievo,
costituisce  una  condizione  di  proponibilita'  non  fungibile  con
l'istanza di fissazione d'udienza (cosi',  Cassazione  nn.  16404/16,
780/15, 25572/10, nonche', tra le non massimate, 18546/14 e 785/15). 
    In particolare, poi, l'insostenibile  equipollenza  tra  l'una  e
l'altra ipotesi non e' esclusa ove una nuova istanza  di  discussione
sia stata presentata dopo  la  scadenza  del  termine  di centottanta
giorni previsto dall'art. 1, primo comma, dell'allegato 3  al  c.p.a.
per verificare il persistente interesse alla decisione  del  ricorso.
Cio' non solo e non tanto perche' una  nuova  istanza  di  fissazione
d'udienza presentata dopo centottanta giorni dall'entrata  in  vigore
del c.p.a. va equiparata ad altro, vale  a  dire  ad  una  tempestiva
dichiarazione, ai sensi del secondo comma del medesimo  articolo,  di
persistenza dell'interesse a  che  la  causa  sia  trattata,  purche'
proposta nei centottanta giorni dalla comunicazione  del  decreto  di
perenzione (e in mancanza di comunicazione senza neppure tale  limite
temporale);  ma  anche  ed  essenzialmente  in  quanto  il   prelievo
presuppone un processo amministrativo in cui  la  costituzione  della
parte  ricorrente  si  sia  perfezionata,  rendendo   cosi'   attuale
l'obbligo del giudice di pronunciarsi. Pendenti i termini di  cui  al
primo e al secondo comma del ridetto articolo, tale  perfezione,  non
piu' assicurata dalla  prima  istanza  ex  art.  23  legge  Tribunale
amministrativo regionale a causa dell'onere iterativo  imposto  dalla
medesima norma transitoria del c.p.a., non puo' farsi dipendere da un
atto cui s'intenda attribuire il diverso effetto del prelievo, che  a
sua volta quella costituzione perfetta presuppone. 
    Ne consegue che ove mancasse l'istanza di prelievo, la domanda di
equa riparazione sarebbe improponibile secondo il diritto vigente. 
     Della  cui  legittimita'  costituzionale,  nei  termini  innanzi
prospettati, si deve dubitare a  stregua  dei  piu'  recenti  approdi
della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. 
    Con la sentenza nel caso Daddi contro Italia (n. 15476/09  del  2
giugno 2009) detta Corte, pur dichiarando  il  ricorso  inammissibile
per il mancato esperimento del rimedio giurisdizionale interno, aveva
preannunciato che una prassi interpretativa ed applicativa  dell'art.
54, secondo comma, decreto-legge n. 112/2008  che  avesse  avuto  per
effetto quello di opporsi  all'ammissibilita'  dei  ricorsi  ex  lege
Pinto relativi alla durata di un processo  amministrativo  conclusosi
prima del 25 giugno 2008, solo in quanto non fosse  stata  presentata
un'istanza di prelievo, avrebbe  potuto  essere  di  natura  tale  da
esonerare  i  ricorrenti  interessati  dall'obbligo  di  esperire  il
rimedio interno; e che lo stesso sarebbe valso per quanto  riguardava
i  procedimenti  ancora  pendenti  in  cui  la  fissazione  d'urgenza
dell'udienza fosse stata richiesta  solo  dopo  l'entrata  in  vigore
della disposizione in questione. In questi casi,  aveva  concluso  la
Corte di Strasburgo, non si sarebbe potuto escludere  che  la  norma,
interpretata dai giudici  nazionali  nel  senso  di  escludere  dalla
determinazione della durata soggetta a indennizzo i periodi anteriori
al 25 giugno 2008, avrebbe privato sistematicamente alcune  categorie
di ricorrenti della possibilita' di ottenere una riparazione adeguata
e sufficiente. 
    Piu' di recente, con la sentenza emessa nel caso Olivieri  contro
Italia del 22 febbraio 2016 (ricorsi nn. 17708/12, 17717/12, 17729/12
e 22994),  in  una  fattispecie  relativa  a  giudizi  amministrativi
iniziati nel 1990 e per i quali era stata presentata la nuova istanza
di fissazione dell'udienza ai sensi dell'art. 9, comma  2,  legge  n.
205/00, ma non anche l'istanza di prelievo, il che aveva  determinato
l'inammissibilita' del ricorso per equa riparazione, la Corte europea
dei diritti dell'uomo ha affrontato in maniera  diretta  il  problema
dell'effettivita' dell'istanza nazionale ex lege n. 89/2001  soggetta
alla  condizione   di   proponibilita'   dell'art.   54,   comma   2,
decreto-legge  n.  112/2008.  Ed  esaminando   diacronicamente   tale
disposizione, fino al suo  ultimo  testo  scaturito  dalle  modifiche
apportate  dal decreto  legislativo n.  104/2010,  ha  convertito  in
critica espressa e consapevole la riserva formulata con  la  sentenza
resa nel caso Daddi. 
    La Corte europea ha cosi' affermato: a)  che  ne'  dal  contenuto
della norma ne' dalla  relativa  prassi  giudiziaria  si  evince  che
l'istanza di prelievo possa efficacemente accelerare la decisione  in
merito alla causa sottoposta  all'esame  del  tribunale;  b)  che  la
condizione di ammissibilita' di un ricorso «Pinto» previsto dall'art.
54, comma 2 della legge n. 112/2008  risulta  essere  una  condizione
formale che produce l'effetto di ostacolare l'accesso alla  procedura
interna; c) che l'inammissibilita' automatica dei  ricorsi  per  equa
riparazione, basata unicamente sul fatto che i ricorrenti non abbiano
presentato  l'istanza  di  prelievo,  priva   questi   ultimi   della
possibilita' di ottenere una riparazione adeguata e sufficiente. 
    E  richiamata  la  propria  giurisprudenza   sul   principio   di
effettivita' della tutela giurisdizionale, nel senso che e' effettivo
il rimedio interno se permette di  evitare  che  si  verifichi  o  si
protragga  la  violazione  dedotta   o   se   permette   di   fornire
all'interessato una riparazione adeguata per tutte le violazioni  che
si siano gia' verificate, ha concluso nel senso che «la procedura per
lamentare la durata eccessiva  di  un  giudizio  dinanzi  al  giudice
amministrativo, risultante dalla lettura dell'art. 54,  comma  2  del
decreto-legge n. 112 del 2008 in  combinato  disposto  con  la  legge
Pinto, non possa essere considerata un  ricorso  effettivo  ai  sensi
dell'art. 13 della Convenzione». 
     Benche' occasionato da  fattispecie  aventi  ad  oggetto  l'equa
riparazione per  l'irragionevole  durata  del  processo  verificatasi
anteriormente al  25  giugno  2008  (iniziati  nel  1990,  i  giudizi
amministrativi presupposti  erano  stati  definiti  tra  il  mese  di
novembre 2008 ed il marzo 2009), e sulla base di domande ex  lege  n.
89/2001  presentate  vigente  il  testo  dell'art.   54,   comma   2,
decreto-legge n. 112/2008 ante decreto legislativo n. 104/2010,  tale
precedente appare idoneo a  incidere  sulla  decisione  del  caso  in
oggetto (per non  dire  dell'ipoteca  che  esso  iscrive  sull'intero
sistema dei rimedi preventivi introdotto dagli articoli 1-bis e 1-ter
della legge n. 89/2001, ivi premessi dall'art. 1, comma 777,  lettera
a), della legge n. 208/2015 e basati sul medesimo principio). 
    Sebbene operato ad abundantiam nella motivazione  della  sentenza
Olivieri contro Italia  (v.  par.  65),  il  riferimento  al  ridetto
decreto legislativo non puo'  liquidarsi  quale  mero  obiter  dictum
(peraltro di dubbia configurabilita'  in  un  contesto  motivazionale
esclusivamente argomentativo e non deduttivo, tipico della tecnica di
raffronto tra norme appartenenti a sistemi giuridici  autonomi).  Suo
tramite, la Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  ha  confermato  e
viepiu' chiarito il senso del giudizio espresso sul  pratico  operare
congiunto della legge n. 89/2001 e della previsione  dell'istanza  di
prelievo quale  rimedio  preventivo.  E  dunque  pare  sovrabbondante
pretendere  ed  attendere  che,  adita  in  relazione  ad   un   caso
perfettamente sovrapponibile a quello ora in esame, la Corte  europea
dei diritti dell'uomo reiteri le medesime considerazioni  operate  su
di una tutela nazionale giudicata in parte qua ineffettiva. 
    Avuto  riguardo  alle  indicazioni  di  metodo   ritraibili   dai
precedenti della Corte costituzionale (v. tra i piu' prossimi  quello
di cui alla sentenza n. 49/15), il collegio rileva che pur non avendo
ricevuto l'avallo della Grand  Chambre,  l'indirizzo  espresso  dalla
Corte europea  dei  diritti  dell'uomo  con  la  decisione  sul  caso
Olivieri  e'  da  ritenersi  ormai  adeguatamente  consolidato.  Esso
costituisce il logico e preannunciato  sviluppo  del  principio  gia'
espresso  nella  sentenza  sul  caso   Daddi;   e'   stato   adottato
all'unanimita'; non presenta alcuna  attitudine  innovativa  rispetto
alla tecnica  dell'interpretazione  convenzionale  fin  qui  seguita;
concerne una fattispecie tutt'altro che isolata o peculiare, ma  anzi
connotata da ovvi elementi di serialita'; si colloca,  coerente,  nel
solco della giurisprudenza di detta Corte europea  sul  principio  di
effettivita'  per  come  esso  vive  in  concreto  negli  ordinamenti
nazionali; ed e' stato espresso nella piena consapevolezza del  modus
operandi dei giudici nazionali. 
    Cosi' restituito a questa Corte  di  cassazione  il  compito  suo
proprio d'interpretare l'art. 54, comma 2, decreto-legge n.  112/2008
e successive modificazioni, alla luce della Costituzione,  si  rileva
che la legittimita' costituzionale della norma e' stata  ritenuta  in
relazione specifica ai referenti degli articoli 24 e  111  Cost.  Una
volta esclusane l'applicazione retroattiva (id est, del testo attuale
ai processi amministrativi non pendenti alla data  del  16  settembre
2010 di entrata  in  vigore  del  c.p.a.),  essa  non  determina  ne'
irragionevoli disparita'  di  trattamento,  ne'  lesione  alcuna  dei
principi del giusto processo e del diritto di difesa, dal momento che
l'istanza di prelievo manifesta l'interesse della parte ad una rapida
definizione della domanda di giustizia (cfr. Cassazione n. 26262/13). 
    Quest'ultima affermazione introduce a una sottile ma fondamentale
divaricazione funzionale dell'istanza di prelievo secondo la  visuale
prescelta, quella amministrativa o quella del binomio normativo della
legge n. 89/2001 e dell'art. 54 decreto-legge piu' volte citato. 
    Nell'ambito del processo amministrativo detta  istanza  e'  stata
prevista dall'art. 51, cpv. regio decreto n. 642/1907 quale strumento
per sollecitare la trattazione urgente del  ricorso.  Abrogato  detto
regio decreto dall'art. 4 dell'allegato 4 al decreto  legislativo  n.
104/2010, e sostituita la disposizione  sul  prelievo  con  l'affatto
omologa norma dell'art. 71, comma  2,  c.p.a.,  permane  la  medesima
funzione di mezzo per segnalare l'urgenza della decisione. 
    Non pare, invece, ne' rilevante  ne'  significativo  ai  fini  in
esame l'art. 71-bis, aggiunto  al  decreto  legislativo  n.  104/2010
dall'art. 1, comma 781, lettera b) della legge n. 208/2015,  in  base
al quale a seguito dell'istanza di cui al comma 2  dell'art.  71,  il
giudice,   accertata   la   completezza   del    contraddittorio    e
dell'istruttoria,  sentite  sul  punto  le  parti  costituite,   puo'
definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza  in  forma
semplificata. In disparte la sua applicabilita' a  decorrere  dal  1°
gennaio 2016, tale norma si limita a prevedere la possibilita' di una
tecnica decisoria piu'  agevole  e  veloce,  senza  tuttavia  imporla
nell'an o nel quando. Nulla ne scaturisce, pertanto, sul  complessivo
giudizio  di  (in)effettivita'  del  rimedio   interno   secondo   la
concezione dell'art. 13 della  Convenzione  europea,  come  elaborata
dalla Corte di Strasburgo. Il che ripropone intatta la  questione  in
esame. 
    Diversa e', invece, proprio  sul  terreno  dell'effettivita',  la
funzione dell'istanza di prelievo nell'ambito dell'equa  riparazione.
Come questa C.S. ha avuto modo di affermare, essa ha da tempo assunto
la funzione di segnalare al giudice  il  permanente  interesse  della
parte  alla  definizione  del  giudizio,  sovente  venuto  meno   per
circostanze  sopravvenute  alla  sua  proposizione  (quali  atti   di
autotutela  o  sanatorie),  con  la  conseguenza   che   la   mancata
presentazione dell'istanza, nonostante il lungo tempo trascorso dalla
proposizione della domanda, costituisce indice  di  scarso  interesse
alla lite (cosi' Cassazione n. 3271/11, che da  cio'  ha  desunto  la
legittimita' di una liquidazione dell'indennizzo in misura  inferiore
rispetto a quella normalmente ritenuta congrua). 
    Cio' non  vuol  dire,  ovviamente,  che  l'assenza  del  prelievo
impedisca la decisione del giudice  amministrativo,  una  volta  che,
come e' si detto, la  costituzione  della  parte  ricorrente  si  sia
perfezionata  con  la   proposizione   dell'istanza   di   fissazione
dell'udienza di  trattazione  del  ricorso.  Tant'e'  che  prima  del
decreto-legge n. 112/2008 questa Corte aveva sempre affermato,  anche
a S.U., che la lesione del diritto alla definizione del  processo  in
un termine ragionevole, va riscontrata, anche per le cause davanti al
giudice  amministrativo,  con  riferimento  al   periodo   intercorso
dall'instaurazione del relativo  procedimento,  senza  che  una  tale
decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire
ostacoli o slittamenti in relazione  alla  mancanza  dell'istanza  di
prelievo od alla ritardata presentazione di essa; e che la previsione
di strumenti sollecitatori non  sospende  ne'  differisce  il  dovere
dello Stato di pronunciare sulla domanda, in caso di omesso esercizio
degli stessi, ne'  implica  il  trasferimento  sul  ricorrente  della
responsabilita' per il superamento del  termine  ragionevole  per  la
definizione  del  giudizio,  salva  restando   la   valutazione   del
comportamento della  parte  al  solo  fine  dell'apprezzamento  della
entita' del  lamentato  pregiudizio  (cosi'  e  per  tutte,  S.U.  n.
28507/05). 
    Il senso ultimo dell'operazione posta in essere  dal  legislatore
del 2008-2010, confermato del resto dal piu' generalizzato sistema di
rimedi preventivi introdotto nella  legge  n.  89/2001  dall'art.  1,
comma 777, lettera  a)  della  legge  n.  208/2015,  consiste  dunque
nell'imporre al ricorrente di prenotare gli effetti della riparazione
per l'irragionevole durata del processo. 
    Non mette conto, per  i  limiti  di  rilevanza  della  questione,
indagare se tale tecnica, una volta che le modifiche della  legge  n.
89/2001  operino  a  regime,  sia  o   non   idonea   ad   assicurare
l'effettivita' dell'istanza giurisdizionale interna, tenuto conto del
fatto che i rimedi ivi contemplati devono essere azionati  prima  che
la  violazione  dell'art.  6,  par.  1  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali  sia
consumata  (salvo  rilevare  sin  da  ora  che  nessuna  disposizione
imporrebbe di adottare corsie decisorie preferenziali).  Per  contro,
nel caso dei processi pendenti  alla  data  del  16  settembre  2010,
l'art.  54,  comma  2,  decreto-legge   n.   112/2008   impone   tale
prenotazione indipendentemente dalla circostanza che la violazione si
sia gia' realizzata o meno. Prova ne sia che la proponibilita'  della
domanda di equa riparazione non e' esclusa ove l'istanza di  prelievo
sia stata presentata una sola volta e  in  epoca  risalente  rispetto
alla conclusione del giudizio, atteso  che  nessuna  norma  e  nessun
principio processuale ne impongono la reiterazione ad intervalli piu'
o meno regolari (v. Cassazione  n.  14386/15);  e  che  l'istanza  di
prelievo, anche quando condiziona ratione temporis la  proponibilita'
della domanda di indennizzo, non incide sul computo della durata  del
processo, che va riferita all'intero svolgimento  processuale  e  non
alla sola fase seguente detta istanza (cfr. Cassazione nn. 13554/16 e
2172/17). 
     Resta - difficilmente eludibile - una  significativa  diversita'
di accenti. Mentre per la  giurisprudenza  della  Corte  europea  dei
diritti dell'uomo il rimedio  interno  deve  garantire  o  la  durata
ragionevole del giudizio o l'adeguata  riparazione  della  violazione
del precetto convenzionale, sicche' ogni ostacolo che vi si frapponga
rende  non  effettivo  il  rimedio  stesso,  l'art.  54,   comma   2,
decreto-legge n. 112/2008 interpone proprio questo ostacolo.  La  sua
finalita' selettiva,  volta  a  impedire  riparazioni  indiscriminate
nell'ambito di un processo peculiare come quello  amministrativo,  in
cui piu' che in  altri  il  rapporto  sostanziale  tra  le  parti  e'
soggetto alla temperie di fattori esterni  e  mutevoli  destinati  ad
incidere su quello processuale, se da un lato illumina la ratio della
norma  dall'altro  ne  denuncia  il  contrasto  irredimibile  con  la
Convenzione. Secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, infatti,
un processo finche' pende e' per cio' stesso e per cio' solo soggetto
al termine di durata ragionevole e alle  conseguenze  della  relativa
violazione. 
    Non a caso la sentenza Olivieri contro Italia, nel  rilevare  che
ciascun ricorrente aveva presentato una seconda istanza di fissazione
dell'udienza allo scopo di evitare la perenzione della propria causa,
tra luglio e settembre 2008, con conseguente fissazione  dell'udienza
di discussione tra novembre 2008 e marzo 2009, ha concluso  che  «(i)
ricorrenti non avevano  dunque  alcun  interesse  a  sollecitare  una
seconda volta la cancelleria del Tribunale  amministrativo  regionale
per chiedere la fissazione d'urgenza della data dell'udienza». Il che
fa risaltare l'aporia intrinseca dell'art. 54, comma 2, decreto-legge
cit., il quale subordina l'equa riparazione ad un adempimento che non
solo non e' funzionale alla progressione del giudizio piu' di  quanto
non lo sia la semplice istanza di  fissazione  dell'udienza,  essendo
dovuta nell'un caso come nell'altro la risposta giurisdizionale  fino
al limite della perenzione; ma che altresi' si'  trasfigura  rispetto
al proprio  originale,  divenendo  da  strumento  sollecitatorio  per
ragioni d'urgenza  a  mezzo  di  pura  prenotazione  dell'indennizzo,
tramite una surrettizia e sovrabbondante dichiarazione  di  interesse
alla decisione. 
    Dunque e riassumendo, mentre  nella  giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti  dell'uomo  il  rimedio  preventivo  e'  tale  se
efficacemente    sollecitatorio,    l'interesse     alla     risposta
giurisdizionale derivando dalla stessa  pendenza  del  processo,  nel
sistema integrato della legge n. 89/2001 e del piu' volte citato art.
54,  comma  2,  il  rimedio  preventivo  non  e'  sollecitatorio,  ma
puramente dichiarativo di un interesse  altrimenti  gia'  incardinato
nel processo. 
    Non e' possibile un'interpretazione  convenzionalmente  orientata
di tale norma che non si  traduca  nella  sua  sostanziale  e  intera
disapplicazione. E'  l'idea  stessa  del  prelievo  quale  condizione
d'accesso all'istanza indennitaria a soffrire la contraddizione. 
    Di qui la rilevanza e non manifesta infondatezza della  questione
di   legittimita'   costituzionalita'   dell'art.   54,   comma    2,
decreto-legge n. 112 del 2008,  convertito  con  modificazioni  dalla
legge n. 133  del  2008,  come  modificato  dall'art.  3,  comma  23,
dell'allegato A al decreto legislativo n. 104 del 2010 e dall'art. 1,
comma 3, lettera a), numero 6), del decreto legislativo correttivo n.
195 del 2011, per contrasto con l'art. 117, primo  comma,  Cost.,  in
relazione agli articoli 6, par.1, 13 e 46, par.1,  della  Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo  e  delle  liberta'
fondamentali (CEDU), nella parte in  cui,  relativamente  ai  giudizi
pendenti alla data del 16 settembre 2010 e per la loro intera durata,
subordina la proponibilita' della domanda  di  equa  riparazione  per
l'irragionevole  durata  dei  giudizi  amministrativi   alla   previa
presentazione dell'istanza di prelievo.